La datazione dell’inchiostro è uno degli esami strumentali più controversi in perizia calligrafica.
Questo esame è molto importante e in alcune situazioni può essere determinante, ma è bene capire il suo ambito di utilizzo ed i suoi limiti.
Come funziona la datazione dell’inchiostro
Partiamo prima di tutto dal capire in cosa consiste esattamente l’esame di datazione dell’inchiostro, e soprattutto quali risultati può dare.
Questo esame prevede di asportare dalla scrittura in verifica una piccolissima porzione di inchiostro. Questo piccolo campione viene poi trattato con solventi chimici specifici e a seconda della reazione chimica che avverrà otteniamo indicazioni sul grado di invecchiamento dell’inchiostro.
L’esame non ci dirà in che data è stato scritto il documento, ma può solo dirci se l’inchiostro ha completato il suo processo di invecchiamento: siccome un inchiostro di penna biro ci mette circa 6 anni a completare il processo di invecchiamento, la datazione dell’inchiostro ci permette di capire se la redazione dello scritto è più o meno vecchia di 6 anni.
In altre parole per datare un inchiostro bisogna “sacrificare” un piccolo pezzo di scrittura per procedere a un esame di laboratorio. La risposta che riceveremo è se l’inchiostro è più o meno vecchio di circa 6 anni.
Alcune caratteristiche che contraddistinguono la datazione dell’inchiostro:
- E’ un esame parzialmente distruttivo e può essere effettuato solo sul documento originale
- Si possono datare gli inchiostri di penne a sfera tipo bic
- La datazione riguarda l’inchiostro, non il documento (inteso come carta)
- L’esame non da’ risposta sulla data certa di redazione, ma ci dice solo se l’inchiostro ha terminato il suo invecchiamento oppure no
In generale questo esame è percepito dai clienti come molto utile, probabilmente perchè lo immaginano come un esame tipo “CSI” in grado di dare certezze scientifiche. In realtà i tecnici forensi sanno che l’utilità della datazione dell’inchiostro è limitata a casi molto specifici, anche per i motivi di cui sopra.
Quando ha senso richiedere l’analisi dell’inchiostro
Risalire alla datazione di uno scritto è certamente un risultato affascinante, ma la pratica peritale nelle perizie calligrafiche ci mostra che il più delle volte tale esame non è dirimente.
La grafologia forense infatti si occupa di stabilire l’autografia di una scritta e generalmente l’informazione sulla data non contribuisce in modo sostanziale alla risoluzione del quesito. A meno che ovviamente non stiamo parlando di documenti in cui il fattore temporale su larga scala è effettivamente dirimente.
Ad esempio questo esame potrebbe essere dirimente in presenza di un testamento datato l’anno scorso che sospettiamo risalga in realtà a 10 anni prima. L’analisi in laboratorio degli inchiostri ci può confermare se è stato redatto più di 6 anni fa, ma non ci può dire ad esempio se è stato redatto 1, 2 o 3 anni fa.
A questo si aggiunga che la procedura di analisi degli inchiostri non è una procedura univoca e gli studiosi non sono nemmeno tutti concordi tra loro sul reale funzionamento dell’esame ed i suoi limiti. Secondo alcuni ad esempio è possibile invecchiare artificialmente un inchiostro semplicemente scaldandolo od esponendolo alla luce solare, secondo altri invece no.